Viviamo in un’era in cui l’individuo ormai non viene più identificato tramite il suo nome e cognome, luogo e data di nascita, ma tramite dei codici alfanumerici, che sia un codice fiscale, un codice utente, o un codice d’accesso, a secondo delle circostanze.
Perfino in ospedale, quando arriva il proprio turno di esser chiamati per una visita, non si usa più il cognome della persona, ma un numero di serie, a causa delle leggi sulla privacy! Giusto o sbagliato che sia, chi ha dovuto subire un ricovero in ospedale sa cosa significa essere considerati una “cartella clinica”, piuttosto che un paziente.
La conseguenza è che uno dei mali peggiori che affligge la nostra generazione oggi è una forte “crisi d’identità”! La maggior parte delle persone ne hanno perso il senso e fan fatica a descrivere se stessi e rispondere a domande del tipo: “Chi sono io”? o “Perché sono qui”?
Nonostante questa tendenza, la natura stessa però ci insegna che ognuno di noi è unico e speciale! Perfino i gemelli più identici, che si assomigliano in quasi tutto, hanno qualcosa di unico che li distingue: la propria impronta digitale! È per questo che per avere il passaporto oggigiorno non basta più riempire un modulo e presentarlo in Questura, ma bisogna recarsi in un commissariato attrezzato a prendere la nostra impronta digitale elettronica.
Questo perché non c’è un’altra persona al mondo che sia tale e quale a te! Non vi è stata prima, né mai più vi sarà! Sei venuto al mondo per lasciare la tua impronta e fare la differenza che solo tu puoi fare! Nessuno ha il tuo DNA, le caratteristiche che hai ereditato alla nascita, le tue origini, la tua storia, il tuo percorso e le tue esperienze di vita che hanno fatto di te ciò che sei: la persona speciale creata da Dio per un proposito unico preparato apposta per te!
“Prima che ti formassi nel grembo di tua madre, Io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, Io ti ho costituito” (Ger. 1:5). “Sì, Tu hai formato le mie interiora e mi hai intessuto nel grembo di mia madre. Le mie ossa non ti erano nascoste quando fui formato in segreto. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo, nel tuo libro erano già scritti tutti i giorni fissati per me, anche se nessuno di essi esisteva ancora” (Salmo 139:13-16).
“Noi siamo opera di Dio, creati per le buone opere che Dio ha precedentemente preparato per noi” (Efesini 2:10). Siamo stati creati e “chiamati secondo il Suo disegno” (Rom. 8:28), quel progetto che Dio ha preparato per ognuno di noi.
Per capire “chi siamo” e “perché siamo qui”, è importante perciò rileggere la propria vita e vedere come siamo stati equipaggiati per realizzare il nostro destino.
Nel primo capitolo della mia autobiografia, intitolato “In cerca di una ragione per vivere”, vi ho raccontato del mio breve impegno politico durante le Scuole Medie Superiori, seguito da una profonda delusione verso la “lotta di classe” e da una ricerca di risposte in vari testi di filosofia, orientale e moderna, particolarmente nella letteratura di “controcultura americana” che abbondava verso la fine degli anni sessanta.
Già, la fine degli anni sessanta … credo che quel periodo abbia un significato di particolare importanza nella storia contemporanea della nostra civiltà, non solo in Italia, ma in molti dei paesi occidentali che a quel tempo si trovavano ancora in fase di ricostruzione economica e sociale, dopo le disastrose macerie della seconda guerra mondiale.
In quegli anni ci fu un’intera generazione di giovani e studenti, nati e cresciuti nell’immediato dopoguerra, che cominciò a ribellarsi ai falsi valori di supremazia economica e razziale che qualche anno prima avevano causato tanto dolore e sofferenza all’umanità, in un conflitto di dimensione globale, e che continuavano a mettere una contro l’altra le nazioni del mondo, con la Guerra Fredda, la crisi di Cuba, il Vietnam, l’Apartheid, eccetera.
C’era in noi giovani un grande desiderio di “pace, amore e libertà”, e credevamo di riuscire a mettere fine alle guerre e differenze economiche e sociali, in un mondo privo di conflitti, quel “mondo d’amore” che molti artisti di musica contemporanea ci facevano sognare!
L’Europa era allora divisa in due “ismi”, contesa fra l’ideologia del capital “ismo” liberale da una parte, e quella del social “ismo” comunista dall’altra, mentre la maggior parte del resto del Terzo Mondo moriva di fame, proprio come succede ancora oggi. Gesù disse: “I poveri li avrete sempre con voi; e quando volete, potete far loro del bene …” (Marco 14:7)
Gli anni della mia infanzia
Nacqui nella prima metà degli anni cinquanta, in un ex accampamento di baracche militari costruite dai soldati americani sbarcati in Italia per “liberarci” da un altro di questi “ismi”.
A quel tempo, i miei genitori vivevano in una cittadina oggi famosa per il libro di Carlo Levi, “Cristo si è fermato a Eboli”, la quale fu colpita dai bombardamenti precedenti allo sbarco degli “alleati”. Nel dopoguerra ci vollero anni per la ricostruzione e le case scarseggiavano. Le giovani coppie che si sposavano spesso non avevano dove alloggiare e i miei genitori, sposatisi nel gennaio del 1949, trovarono alloggio in una di queste baracche lasciate dalle truppe americane, in attesa che nuove case fossero costruite.
In quello stesso anno del 1949, mio padre dovette lasciare a casa mia madre incinta di mio fratello per non perdere la nave per il Venezuela, dove lavorò duramente per quattro anni, prima di tornare in Italia ed aprire un’attività commerciale con i soldi messi da parte.
L’anno dopo il ritorno di mio padre dal Venezuela, è quello in cui nacqui io, lo stesso in cui fu trasmessa la prima trasmissione televisiva in bianco e nero in Italia, anche se non erano ancora state ricostruite tutte le case necessarie per alloggiare i baraccati. Ricordo ancora quella baracca di lamiera in cui ho vissuto i primi cinque anni della mia vita, quando mia madre si tirava dietro noi tre fratellini per andare a riempire i secchi d’acqua alla “fontanella” fuori dell’accampamento. Che donna, mia madre! Quale coraggio ebbe per crescere noi tre figli in quelle condizioni. Grazie, mamma Luisa!
Mio padre gestiva un’attività commerciale nel centro di Eboli, e a quel tempo il “Bar Amato” era il più frequentato del paese, perché, oltre a servire caffè e gelati, aveva una grande sala di dopolavoro, dove i clienti giocavano a carte e a biliardo. Ricordo ancora le sedie dei tavoli che saltellavano e il grosso spavento che presi durante il terremoto del 1962!
Mio padre lavorava duro, alzandosi presto al mattino per aprile il locale, e tornando tardi la sera dopo la chiusura. Noi lo vedevamo solo a pranzo, quando arrivava a casa con la sua “gilera” e gli correvamo incontro lungo il sentiero! Grazie, papà Vincenzo!
Quanti ricordi impressi nelle memorie della mia infanzia! Ricordo ancora il nonno materno che la sera veniva a raccontarci le storielle, mentre noi nipotini ci addormentavano contenti di ascoltarlo iniziare sempre con quel “c’era una volta …”! Grazie, nonno Domenico!
Finalmente, all’età di cinque anni, la mia famiglia si spostò in un quartiere popolare costruito apposta per i “baraccati”, e ricordo ancora mia madre che cantava le canzoni di Nilla Pizzi, mentre faceva le pulizie nell’appartamento patronale che ci fu assegnato.
Negli anni che seguirono ci fu un grosso esodo di lavoratori meridionali al Nord, e anche mio padre dovette cedere l’attività commerciale nel centro di Eboli, mettendosi in viaggio per l’Italia come rappresentante di prodotti domestici. Qualche mese dopo trovò un lavoro stabile ad Asti, in Piemonte, e decise di trasferirvi tutta la famiglia.
Immaginatevi la scena di noi tre maschietti mentre salivamo sul treno che nove ore dopo ci avrebbe scaricati in una città a noi sconosciuta, per affrontare una nuova vita, frequentare una nuova scuola, e fare nuove amicizie … Era l’agosto del 1963, ed io avevo nove anni.
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Per altri capitoli della mia “Biografia”, cliccate: http://renatoamato.com/it/diario/biografia/
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Che emozione Renato, che bello leggere la tua biografia, intervallata da versetti biblici e riferimenti storici e letterari, ringrazio ogni giorno Gesu’ per avermi fatto incontrare te e la tua dolce compagna
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